
da La cena delle ceneri,
in Opere italiane, Utet, Torino 2013, vol. I, p.452
“Gli Tifi [i novelli Argonauti, ovvero i Conquistadores, n.d.r.] han ritrovato il modo di perturbar la pace altrui, violar i patrii genii de le reggioni, di confonder quel che la provida natura distinse, per il commerzio radoppiar i diffetti e gionger vizii a vizii de l’una e l’altra generazione, con violenza propagar nove follie e piantar l’inaudite pazzie ove non sono, conchiudendosi al fin più saggio quel che è più forte; mostrar novi studi, instrumenti, et arte de tirannizar e sassinar l’un l’altro; per mercè de quai gesti, tempo verrà ch’avendono quelli a sue male spese imparato, per forza de la vicissitudine de le cose, sapranno e potranno renderci simili e peggiori frutti de sì perniciose invenzioni […]”
da De la causa, principio et uno,
in Opere italiane, Utet, Torino 2013, vol. I, p.696 – 697
“Questo atto absolutissimo, che è medesimo che l’absolutissima potenza [Dio, n.d.r.], non può esser compreso da l’intelletto, se non per modo di negazione: non può, dico, esser capito né in quanto può esser tutto, né in quanto è tutto; perché l’intelletto quando vuole intendere, gli fia mestiero di formar la specie intelligibile, di assomigliarsi, commesurarsi et ugualarsi a quella: ma questo è impossibile, perchè l’intelletto mai è tanto che non possa essere maggiore; e quello per essere immenso da tutti i lati e modi, non può esser più grande. Non è dumque occhio ch’approssimar si possa o ch’abbia accesso a tanto altissima luce e sì profondissimo abisso.”