Il luddismo. Gli artigiani inglesi contro la rivoluzione industriale

Il Nottinghamshire in Inghilterra è famoso per essere la contea dove si trova la foresta di Sherwood, nella quale si nascondeva Robin Hood.

In tempi a noi più vicini, all’inizio del XIX secolo, insieme ai confinanti Yorkshire, Derbyshire e Lancashire, fu teatro di ben altre gesta.

Ospitò la rivolta dei piccoli lavoratori tessili, potremmo chiamarli artigiani (ognuno lavorava nel proprio cottage), contro l’introduzione delle macchine a vapore destinate a sostituire gran parte della mano d’opera manuale e a far rendere molto di più la rimanente.

Costoro si organizzarono in piccole bande e, nottetempo, iniziarono ad introdursi nelle proprietà in cui erano installate le odiate macchine tessitrici per distruggerle con ogni mezzo, preferibilmente a martellate.

Non avevano alcuna organizzazione alle spalle, il loro era un movimento spontaneo formato da tanti piccoli capibanda.

Alla testa del movimento, in mancanza di un autentico leader, posero un fantomatico ed inesistente generale Ludd, da cui il nome di luddisti, e firmarono le loro lettere minatorie e i loro proclami con questo nome.

Secondo il Nottingham Review del 20 dicembre 1811 l’origine del nome era da ricercarsi nel fatto che « … c’era stato una volta un ragazzo chiamato Nedd Ludd, apprendista magliaio nei pressi di Leicester, talmente riluttante a lavorare che il suo padrone ottenne dal giudice il permesso di frustarlo; il giovane reagì e, afferrato un martello, distrusse il suo telaio, azione che raggiunse una notorietà tale che ogniqualvolta una macchina tessile veniva danneggiata la gente diceva che era passato Nedd Ludd» (Kirkpatrick Sale, Ribelli al futuro, 2005, Arianna Editrice, Casalecchio, p. 74)

Era l’alba della Rivoluzione industriale.

Quegli uomini, che per un anno e mezzo, tra il 1811 e il 1813, distrussero a martellate centinaia di macchine tessitrici, non sapevano dove avrebbe condotto la nascente prima Rivoluzione industriale e men che meno le successive.

Essi erano spinti da semplici interessi personali. Quelle macchine stravolgevano il modo di lavorare e rendevano antieconomico il loro, quello che avevano ereditato dai genitori, che avevano svolto sin da bambini e che dava loro da mangiare e da vivere.

Eppure la loro rivolta, a differenza di tante altre che ciclicamente si ripetono nel corso dei secoli, è rimasta emblematica per l’obiettivo contro cui si scagliò.

Fino ad allora (ed anche in seguito) le ribellioni avvenivano per motivi religiosi, politici o economici, e molti sommovimenti hanno avuto dimensioni ben maggiori di quello che stiamo esaminando.

Per fare solo alcuni esempi possiamo ricordare la ribellione dei gladiatori guidata da Spartaco nell’antica Roma o il tumulto dei Ciompi nella Firenze trecentesca o la rivolta del pane nella Milano spagnola del seicento, resa famosa per la descrizione che ne fece Alessandro Manzoni ne “I Promessi Sposi”.

In Francia negli anni successivi alla Rivoluzione insorsero i nobili e i contadini della Vandea contro i borghesi e i cittadini che avevano rovesciato l’Ancien régime.

In Italia meridionale, dopo l’Unità, si sviluppò il cosiddetto fenomeno del “brigantaggio”, nel quale confluirono rabbia contadina, legittimismo borbonico e altre componenti meno nobili.

Furono tutte ribellioni al potere costituito, che quasi sempre prendevano di mira i tutori dell’ordine e i rappresentanti delle istituzioni.

Ciò che accadde in Inghilterra in quei tragici mesi di inizio ‘800 ebbe altre motivazioni e altre finalità.

Nessuno voleva rovesciare la Monarchia e le istituzioni legislative e governative esistenti.

«La rivolta del luddismo non fu concepita, alla base, contro il governo o contro il re … né contro l’antiquata aristocrazia, come era accaduto in Francia, ma piuttosto contro i mutamenti causati dall’industrializzazione e i valori che promuoveva … » (ibidem, p. 140)

L’obiettivo era di non modificare “artificialmente”, con l’introduzione delle nuove macchine, il modo di lavorare sino allora in uso. Il timore, anzi la certezza, era che il nuovo sistema avrebbe tolto il lavoro a tante famiglie.

Ma gli obiettivi individuati contro cui scagliarsi erano dei dispositivi partoriti dalla mente umana, congegni messi a disposizione da scienza e tecnica e applicati al processo produttivo. La ragione spingeva migliaia di uomini contro dei prodotti originati dalla ragione di altri uomini.

Sennonché la prima era una ragione meno “avanzata” della seconda, e quindi alla lunga non poteva che soccombere. Questa realtà può essere inquadrata – seguendo i dettami della ragione stessa – in un “postulato” di carattere universale che potremmo così definire:

Lo strumento più efficace di modifica della realtà è la ragione umana, altrimenti detta intelletto, così come evolutasi nel corso dei millenni all’interno della scatola cranica della specie Homo sapiens. Laddove due intelletti entrano in contrasto, il meno evoluto è destinato a soccombere.”

Ora è chiaro che l’aver costruito sofisticate macchine dal funzionamento automatico non poteva che essere frutto di intelletti più evoluti e raffinati di quelli dei contadini inglesi del XIX secolo trasformatisi da pochi anni in piccoli artigiani.

Ma questi ultimi non ci fecero caso, non conoscevano il postulato. Presi dalla disperazione si scagliarono contro i marchingegni che portavano via il loro lavoro, senza pensare che così facendo rifiutavano il progresso e la ragione umana evoluta.

Inevitabilmente in più di una occasione trovarono resistenza e ci scappò un certo numero di morti e feriti.

Poi, man mano che il movimento si ingrossava e si espandeva alle contee vicine, arrivò la risposta dello Stato che inviò sul posto l’esercito.

Vi furono altri scontri cruenti e vennero eseguiti numerosi arresti.

« … l’offensiva colossale lanciata dal governo britannico contro di loro, almeno 15 persone uccise negli scontri (probabilmente più di 30), 24 impiccate, 51 condannate alla deportazione in Australia (di cui 37 realmente imbarcate) e 24 sbattute in galera – oltre alla presenza quotidiana di un esercito d’occupazione – ebbe l’effetto deterrente previsto.» (ibidem, p. 167)

La repressione decretò la fine del movimento; ma questo, per la sua specificità, divenne un simbolo del rifiuto del progresso tecnico – scientifico e, come tale, ancora oggi laddove degli uomini si ribellano alle novità imposte dal progresso, costoro vengono definiti luddisti, o meglio neo – luddisti.

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Pubblicato su “Che vi do?” N. 94 Dicembre 2019, organo della Società Pane Quotidiano

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