Un rimedio biochimico per la schizofisiologia del cervello umano?

Rilettura critica del pensiero di Arthur Koestler

Un autore  che ha puntato l’indice sull’evoluzione subìta dal nostro cervello per spiegare la causa di tutti i nostri mali è stato Arthur Koestler, scrittore di origini ebraico – ungheresi naturalizzato britannico.

La sua vita è stata avventurosa, immersa nelle contingenze storiche e politiche del novecento, da lui descritte in romanzi a carattere autobiografico.

Ma a un certo punto della sua vita, intorno ai cinquant’anni, iniziò ad occuparsi di altro.

I Sonnambuli – 1959

Dapprima (1959) scrisse “I Sonnambuli”, dedicato alla grande rivoluzione culturale iniziata da Copernico e proseguita da Keplero e Galileo (fino alla sintesi che ne fece Newton), rivoluzione che diede vita alla scienza moderna. Nell’epilogo di quest’opera Koestler scrive che « … esistono raccordi difettosi e legami nocivi nell’evoluzione mentale come nell’evoluzione biologica.» (A. Koestler, I Sonnambuli, Jaca Book, 2010, p. 514) In quel contesto la frase intendeva dare una spiegazione all’andamento altalenante e incoerente del cammino umano in ogni campo, ad iniziare da quello scientifico. Ma alla luce dei suoi ulteriori scritti possiamo anche interpretare la frase come introduzione alle problematiche in seguito affrontate.

L’Atto di Creazione – 1964

Nel libro successivo, “L’Atto di Creazione” (1964), applica la sua attenzione alle modalità con le quali la mente umana inventa novità costruttive efficaci: la genesi dell’atto dell’Eureka risiede nello « … scontro improvviso di due matrici precedentemente non correlate … » (A. Koestler, L’Atto di Creazione, Astrolabio, 1975, p. 202)

Il Fantasma dentro la Macchina – 1967

Nel 1967 pubblica “Il fantasma dentro la macchina”, e qui afferma a chiare lettere che «la strategia dell’evoluzione, come ogni altra strategia, è soggetta a tentativi e ad errori» (The Ghost in the Machine, Hutchinson & Co Publishers, 1967, p. 267)

Inoltre: «L’evoluzione è stata paragonata a un labirinto di vicoli ciechi, e non c’è nulla di strano o improbabile nella tesi che la dotazione originale dell’uomo, ancorché superiore a quella di ogni altra specie vivente, contenga tuttavia qualche errore o carenza che lo predispongono all’auto-distruzione.» (p. XI della Prefazione)

Una traccia di questi errori è individuabile, secondo Koestler, nel mito della cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre e nei tanti miti sulla Caduta che si sono sviluppati a tutte le latitudini del pianeta.

Una spiegazione più razionale può essere che la crescita del cervello umano sia stata di una velocità straordinaria, fatto del tutto inconsueto nel panorama evolutivo.

A tal proposito Koestler riporta una frase del neurologo Charles Judson Herrick: «…la corteccia umana è una sorta di crescita tumorale che è diventata così grande che le sue funzioni sono fuori dal normale controllo e corrono in modo irregolare come un motore a vapore che ha perso il suo conducente. Questa interessante teoria fu pubblicata da Morley Roberts e citata con apparente approvazione da Wheeler.» (p. 273 – le opere dei due autori citati sono “Malignancy and Evolution” di Morley Roberts, London, Eveleigh Nash & Grayson, 1926 e “Emergent Evolution and the Social” di William Morton Wheeler, London, Kegan Paul, Trench, Trubner & Co., 1927)

È l’unico punto -a mia conoscenza- che nell’opera di Koestler viene proposta (indirettamente) la metafora uomo – tumore. E non indica l’essere umano come cellula maligna dell’organismo Terra, bensì suggerisce che la corteccia cerebrale dell’uomo si sia sviluppata in modo anomalo, incontrollato, tumultuoso, analogamente a quanto fanno le cellule quando da sane si mutano in cancerogene.

A sostegno di questa tesi c’è « … la straordinaria rapidità della crescita evolutiva del cervello umano – un’impresa, come sappiamo, unica nella storia dell’evoluzione» (p. 272)

Ma poche righe dopo Koestler precisa che, a suo avviso, non possono essere state solo le dimensioni della corteccia a porre fuori controllo il funzionamento del cervello.

«La causa che la ricerca contemporanea sembra indicare non è l’aumento dimensionale, ma l’insufficiente coordinamento tra l’archicorteccia e la neocorteccia – tra le vecchie aree di origine filogenetica del nostro cervello e le nuove, aree tipicamente umane che si sovrapposero con sconveniente rapidità» (p. 273)

In ogni caso il processo al cervello è aperto, ma con asserzioni che concedono uno spiraglio alla speranza. Dobbiamo infatti esaminare la possibilità che l’uomo « … possa portare un difetto di produzione all’interno del suo cranio, un errore costruttivo che potenzialmente minaccia la sua estinzione, ma che potrebbe ancora essere corretto da uno sforzo supremo di autoriparazione» (p. 272)

In cosa dovrebbe consistere questo “sforzo supremo di autoriparazione” viene chiarito nell’ultimo capitolo dell’opera, titolato “The Age of Climax”.

« … le linee di comunicazione tra le strutture antichissime e quelle nuove di zecca (del cervello) non si sono sviluppate sufficientemente per assicurare una loro interazione armoniosa e un coordinamento gerarchico tra istinto e intelletto … » (p. 331) e « … siccome non possiamo aspettarci nel futuro prevedibile che si produca nella natura umana la modifica necessaria mediante mutazione spontanea, cioè con mezzi naturali, dobbiamo indurla con mezzi artificiali … » (pp. 326 – 327)

Ecco dunque in cosa sperare: che il cervello dell’uomo possa essere “normalizzato” attraverso qualche intervento di natura psico-farmaceutica.

La biochimica « … non può inserire ulteriori circuiti nel cervello, ma può, entro certi limiti, migliorare il coordinamento tra quelli esistenti, attenuare i conflitti, impedire lo scoppio dei fusibili e assicurare una costante fornitura di potenza.» (p. 336)

Da notare che queste frasi furono scritte nel 1967, quando non era ancora nato Elon Musk, l’imprenditore che nel 2016 ha fondato Neuralink, azienda che si propone di collegare il cervello umano con l’intelligenza artificiale tramite dispositivi che possano essere impiantati nel cervello stesso. Chissà se Koestler modificherebbe le sue affermazioni sull’impossibilità di “inserire ulteriori circuiti nel cervello” …

Koestler non nutre speranza alcuna sulla possibilità di una “rinascita spirituale”: « … siamo una razza malata di mente e siamo … sordi alla persuasione … che è stata tentata dal tempo dei profeti fino ad Albert Schweitzer; e il risultato è stato, come disse Swift, che ‘abbiamo abbastanza religione per odiarci, ma non abbastanza per amarci l’un l’altro’. È una realtà che si applica a tutte le religioni, teistiche o secolari, da Mosè a Marx o Mao Tse Tung …» (p. 339)

Nella sua ultima opera Koestler tornerà diffusamente sulla correzione artificiale da apportare al nostro cervello.

Le Radici del Caso – 1972

Intanto nel 1972 pubblica “Le Radici del Caso”, in cui indaga i fenomeni paranormali e la fisica quantistica. L’obiettivo è sempre il medesimo: dimostrare la fallibilità e la imperfezione del nostro organo di comando. Non è un atto di accusa esplicito, ma il fondato sospetto che “la gloria dell’uomo” sia in realtà l’esito di una crescita scoordinata, casuale e incapace di padroneggiare le infinite variabili di cui si compone la realtà.

Questa la conclusione del libro: «Il grande progetto dell’evoluzione verso forme più elevate di unità-nella-varietà non esclude capricci biologici, né sviluppi patologici … I limiti del nostro corredo biologico possono condannarci al ruolo di vojeurs al buco della serratura dell’eternità. Ma almeno togliamo dal buco della serratura la stoppa che ci impedisce di vedere quello che la nostra vista limitata è in grado di vedere.» (A. Koestler, Le Radici del Caso, Astrolabio, 1972, p. 128)

Anche in questo caso all’uomo rimane comunque un compito per migliorare la propria situazione esistenziale.

Il Principio di Giano – 1978

Nel 1978 l’attività di Koestler si conclude con il saggio “Il Principio di Giano” (lo scrittore, malato, morirà suicida nel 1983).

Questa ultima opera rappresenta la summa del pensiero koestleriano così come egli stesso ci informa in una apposita Nota anteposta al Prologo: «Questo libro è un compendio (e anche una continuazione) di opere da me pubblicate nel corso degli ultimi venticinque anni, da quando cioè ho abbandonato il campo della narrativa e saggistica politica per dedicarmi alle scienze della vita, ossia allo studio dell’evoluzione, della creatività e della patologia della mente umana.» (A. Koestler, Il Principio di Giano, Comunità, 1980, p. 11)

E, poche pagine più avanti, ancora nel Prologo dell’opera, dopo aver ribadito in cosa consista a suo avviso questa patologia, e cioè nel “disordine mentale” causato dallo « … sviluppo esplosivo della neocorteccia umana e la sua insufficiente capacità di controllare il vecchio cervello … » (p. 34), Koestler introduce la “pars costruens” della sua teoria: la neutralizzazione delle tendenze patogene « … non sembra un compito impossibile. La medicina ha trovato rimedi per certi tipi di psicosi schizofreniche e maniaco – depressive; ormai non è più utopico il credere che essa possa scoprire una combinazione di enzimi benefici che consentano alla neocorteccia di esercitare il suo veto nei confronti delle follie del cervello arcaico, di correggere il madornale errore commesso dall’evoluzione, di riconciliare la sfera emotiva alla ragione e di fungere da catalizzatore nella trasformazione del folle nell’uomo.» (pp. 34 – 35).

Ogni saggio sulla condizione umana per essere considerato “intellettualmente corretto” non può limitarsi a criticare e condannare la storia dell’umanità ma deve proporre un qualsivoglia tipo di soluzione: la coscienza, una volta acquisita, non può essere abbandonata alla disperazione più cupa!

Questo atteggiamento mentale denota una visione del mondo indiscutibilmente antropocentrica, ed anche Koestler, nonostante la denuncia dell’errore commesso dalla natura nel dotarci di una neocorteccia in disaccordo con il cervello preesistente, non sfugge a questa logica.

Il suo obiettivo non è ricreare l’armonia della biosfera, ma far sì che la parte più efficace del cervello riesca a governare convenientemente istinti ed emozioni, con il fine sottinteso di rendere più stabile, produttivo e certo il dominio dell’uomo sulla Terra.

« … se la nostra specie malata dev’essere salvata, la salvezza verrà non da risoluzioni dell’Onu e da vertici diplomatici, ma da laboratori biologici. È evidente che una disfunzione biologica ha bisogno di un correttivo biologico.» (p. 126)

Koestler sapeva bene ciò a cui aveva condotto il sapere scientifico. «Se mi si domandasse di indicare la data più importante nella storia e preistoria della specie umana, risponderei senza esitare: il 6 agosto 1945. La ragione è semplice. Dall’alba della coscienza sino al 6 agosto 1945, l’uomo dovette vivere con la prospettiva della sua morte in quanto individuo, dal giorno in cui la prima bomba atomica oscurò il sole sopra Hiroshima, l’umanità nel suo insieme ha dovuto vivere con la prospettiva della propria estinzione in quanto specie.» (p. 13)

Ma anche in questo caso l’estinzione temuta è quella del genere umano, senza alcun accenno al fatto che l’annientamento della biodiversità, pur in assenza di catastrofi nucleari, sia causa di pericolo mortale per ogni vivente.

Detto in altre parole, l’anomalia evolutiva concretizzatasi nella neocorteccia ci ha trasformati da cellule “sane”, in armonia con la natura, in cellule “maligne”, ostili alle altre forme di vita e sovente ostili anche alla nostra stessa forma di vita, cellule cancerose il cui unico scopo è di estendere il proprio dominio ai danni di ogni altra realtà circostante.

Di questa situazione Koestler probabilmente si rese conto, ma non volle portare il ragionamento alle sue estreme conseguenze perchè « … da quando i primi abitatori delle caverne avvolsero il loro corpo tremante nella pelle di un animale ucciso, l’uomo si è sempre creato, nel bene o nel male, un ambiente artificiale e un modo artificiale di esistenza, senza i quali non è più in grado di sopravvivere.» (p. 122)

Si potrebbe obiettare che forse i primi abitatori delle caverne avvolsero il loro corpo nella pelle di animali uccisi non per ripararsi dal freddo, ma per altri motivi (religiosi, rituali o altro), ma la conclusione del ragionamento non cambia: oggi non siamo in grado di sopravvivere al di fuori dell’ambiente artificiale che abbiamo costruito. E dunque (questo deve essere stato il ragionamento di Koestler) se non possiamo rinunciare a tale ambiente, vediamo di intervenire sul cervello dell’uomo per renderlo meno aggressivo contro i suoi simili e più padrone dei suoi istinti.

In una delle ultime pagine de “Il Fantasma dentro la Macchina” Koestler dichiara di essere stato a lungo un ammiratore della personalità e delle opere di Aldous Huxley. E anche se subito dopo ci informa del disaccordo intervenuto in merito all’utilizzo di droghe a fini “curativi”, la soluzione proposta dallo scrittore ungherese per la correzione dei nostri problemi cerebrali ricorda assai da vicino il soma che gli abitanti del mondo nuovo assumevano regolarmente per moderare ogni loro istinto “non conforme alle regole”.

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https://www.neuroscienze.net/un-rimedio-biochimico-per-la-schizofisiologia-del-cervello-umano/

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